Il futuro dell’istruzione professionale alberghiera tra riforme e controriforme

Il futuro dell’istruzione professionale alberghiera tra riforme e controriforme

Se le precedenti riforme del 2005, 2011 e 2017, non hanno centrato l’obiettivo di rilanciare l’istruzione tecnica e professionale non è detto che quella proposta dall’attuale Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sia quella giusta e definitiva

Questo frenetico susseguirsi di riforme, compresa l’ultima attualmente in discussione in parlamento richiedono un sovrumano sforzo di adattamento da parte delle scuole e dei docenti, senza poter disporre di un congruo tempo di sedimentazione e attecchimento. La riforma arriva in un momento in cui la scuola deve fare i conti con il cosiddetto “inverno demografico” e il conseguente crollo delle iscrizioni. Stando al trend degli ultimi anni, nel prossimo decennio la popolazione scolastica passerà dai 7.2 milioni di studenti nell’anno scolastico 2023/24 a circa 6 milioni nel 2033. In una situazione di per sé sbilanciata in cui attualmente il 51,4% frequenta un Liceo, il 31,7% un Istituto tecnico e soltanto il 16,9% un Istituto professionale. E gli Istituti professionali di stato per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera (IPSEOA) non fanno eccezione.

Dal boom che risale all’anno scolastico 2014-2015, con ben 64.296 “primini” è iniziata un’inarrestabile discesa, che ha portato a meno di 30.000 iscrizioni nell’anno scolastico in corso. Con il risultato che in meno di dieci anni si è più che dimezzato il numero degli studenti che si iscrivono ad un Istituto alberghiero.

Ma il calo demografico e la pandemia spiegano solo in parte il crollo di iscrizioni degli ultimi anni. Di sicuro non sono mancate le opportunità di lavoro per i giovani nel turismo e nella ristorazione. E se determinate professionalità non si trovano, vuol dire che non solo la formazione va ripensata, ma anche le regole d’ingaggio a partire dai contratti collettivi di lavoro nazionali vanno ridiscussi come pure le norme che regolano i flussi migratori. D’altronde è fuori discussione che le scuole, specie quelle tecniche e professionali, non possono anteporre la propria autoreferenzialità, ignorando la drammatica carenza di personale nei settori più trainanti della nostra economia e sottraendosi alle pressanti richieste di personale qualificato proveniente dal mondo delle imprese.

Fatto sta che gli Istituti alberghieri “rinovellati” invece di guadagnare hanno perso attrattività. E la causa principale va ricercata nella deriva licealistica che ha interessato l’istruzione professionale in Italia a partire dal 2005. Un depotenziamento di fatto che ha comportato una drastica riduzione delle ore di esercitazioni pratiche di laboratorio, l’abolizione della cosiddetta terza area professionalizzante e perfino il camuffamento dell’alternanza scuola/lavoro con i cosiddetti “Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”, i cosiddetti PCTO.

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Prof. Giuseppe Valditara. Photo credits: Ufficio Stampa Ministero dell’Istruzione

Ma per far fronte alla drammatica carenza di personale, nei settori della ricettività, dell’accoglienza e della ristorazione, basterà fidarsi all’ennesima riforma all’attuale filiera formativa? A prima vista quella del Ministro Valditara appare una proposta tanto ambiziosa quanto velleitaria. Ambiziosa nel voler rilanciare una filiera formativa, quella tecnologica e professionale, considerata strategica per il paese, e persino visionaria nel voler colmare il mismatch tra le competenze in uscita degli studenti e le skill richieste dal mercato del lavoro. Ma anche velleitaria perché tende a scavalcare il conservatorismo imperante nelle scuole che le condanna all’immobilismo invece di proiettarle verso l’innovazione sottovalutando l’opposizione sindacalizzata capace di opporre un’invalicabile barriera ideologica a difesa dello status quo.

Sarà questa dunque una riforma di portata epocale come pure è stata sbandierata? Temiamo di no purtroppo. Per farla occorrerebbe, avendone la forza, prima di tutto dipanare decenni di grovigli ideologici e burocratici risultati inestricabili per tutti i 14 ministri che si sono succeduti negli ultimi 25 anni al Ministero di Viale Trastevere, che nel frattempo cambiava più volte nome senza mai mutare pelle. Il tutto all’insegna di un nuovismo pedagogico di facciata a fronte di riforme sbagliate, di programmi mal concepiti e soprattutto alla rinuncia ad un serio reclutamento del personale, in primis dei docenti, che non fosse ispirato al preminente criterio/ interesse di sistemare i precari.

L’aspetto più innovativo, ma anche più problematico, è la riduzione del secondo ciclo di istruzione a 4 anni con l’aggiunta di ulteriore 2 anni di livello terziario negli ITS Academy, accesso consentito anche per i diplomati dei percorsi quadriennali regionali (le FP), sia pure a determinate condizioni. E questo è uno degli aspetti più controversi, perché non è chiaro il tipo di raccordo che si intende realizzare e con quali risorse. Impensabile un semplice prolungamento dal momento che gli attuali ITS Academy altamente professionalizzanti e specialistici, nati sotto forma di fondazione di partecipazione di natura privatistica, non sarebbero strutturalmente e funzionalmente in grado di accogliere una massa di studenti così imponente.

La sensazione è che con questa riforma si intenda soprattutto anticipare di un anno l’ingresso nel mondo del lavoro, allineando il nostro sistema d’istruzione a quello degli altri paesi europei. Potenziando nel contempo sia le competenze di base (Italiano e matematica) che la formazione tecnico-professionale, valorizzando più di quanto è stato fatto finora l’apprendistato formativo (da 15 anni in su e l’alternanza scuola-lavoro a partire dal secondo anno, estendendola fino a 400 ore nel corso del triennio. Altra novità di rilievo riguarda la docenza. Senza influire sugli organici degli Istituti e sulla titolarità delle cattedre, per incrementare l’attività laboratoriale e rafforzare la formazione tecnica le scuole potranno chiamare esperti provenienti dalle aziende del settore e dal mondo professionale di riferimento, da assumere con contratto di prestazione d’opera temporaneo, ripristinando un modello in auge negli Istituti professionali ai tempi del cosiddetto ”Progetto 92”. Non meno significativa la spinta che si intende dare all’internazionalizzazione, valorizzando ed ampliando le molte esperienze in essere che coinvolgono la quasi totalità degli istituti ad indirizzo turistico ed alberghiero.

Il modello organizzativo a cui si guarda è quello del “Campus”, dove l’offerta formativa sia in linea con le vocazioni dei territori e le esigenze specifiche delle imprese in un rapporto che non potrà mai essere di mera dipendenza, ma di sinergia. Fondamentali saranno a riguardo le partnership che si verranno a creare, stipulando accordi tra tutti i soggetti pubblici e privati che condividono la mission.

Il progetto sarà avviato in forma sperimentale a partire dall’anno scolastico 2024/25 e potrà coinvolgere in questa prima fase fino al 30% degli Istituti. Dalla risposta delle scuole e soprattutto dell’utenza si capirà quale sarà il gradimento e la possibilità di successo.

Foto by Depositphotos

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