Una svolta per il settore alberghiero italiano

Una svolta per il settore alberghiero italiano

Il Covid accelererà un processo di selezione naturale del comparto?

E’ dalla crisi del 2008 che il livello della nostra produzione industriale non cresce e già prima del Marco 2020 non era ancora tornato ai livelli precedenti al crack Lehman Brother.

Si può quindi affermare che il nostro Paese è giunto alla crisi del Covid 19 già molto danneggiato da un punto di vista economico.

E’ altamente probabile che il post Covid accelererà un processo di selezione naturale che era già in atto nelle aziende ed il comparto alberghiero, forse il più colpito dalla crisi, avrà ripercussioni che oggi e’ anche difficile solo immaginare.

Sarebbe quindi errato attribuire alla “Crisi Covid” la chiusura di molte aziende, la crisi, come gli stessi dati della Banca d’Italia ci dicono, ha ragioni molto piu’ antiche, i fatti del 2020 hanno solo dato una accelerata a questo processo di cambiamento.

Da anni una serie di fattori minavano la redditività aziendale fra cui:

– un eccesso di offerta (ai 33.000 alberghi italiani si sono aggiunte decine di migliaia di aziende extra alberghiere il cui censimento è tutt’oggi difficoltoso);

–  una errata impostazione tariffaria dovuta da una parte ad una non chiara comprensione di fenomeni aziendali, uno su tutti l’avviamento, da parte dei nuovi entranti senza background e dall’altra la scarsa voglia di approcciarsi a dinamiche nuove e spesso complesse di una parte dell’Hotellerie tradizionale, ancorata a metodologie di distribuzione ed offerta non più in linea con il mercato.

 

A questi fattori vanno aggiunti: 

  • La difficoltà relativa alla gestione del debito contratto pre crisi Lehman periodo nel quale l’aspetto patrimoniale era prevalente nelle valutazioni rispetto alla gestione tipica e di conseguenza alla sua capacità di generare idoneo profitto,
  • una scarsa diffusione di metodi di controllo di gestione avanzati oramai necessari anche in realtà di più ridotte dimensioni e che necessitano per essere adottate una adeguata cultura aziendale;
  • un già citato “approccio discount” da un punto di vista tariffario tale da aver deperito la domanda ed aver aggredito nicchie di mercato che hanno eliminato altre nicchie a maggiore valore aggiunto;
  • una non diffusa cultura manageriale tipica delle aziende padronali che alla lunga  sono poco attrattive per nuova forza lavoro altamente secolarizzata;
  • una scarsa presenza di percorsi formativi obbligatori quanto certificati per l’esercizio della funzione sia imprenditoriale che manageriale;
  • mancanza di “ordini professionali” o “casse” in grado di sostenere quanto gestire le varie professionalità presenti, ma presenza di associazioni professionali per lo più a carattere amicale da una parte ed a derivazione sindacale nell’ambito dell’associazionismo datoriale;
  • scarso livello di patrimonializzazione delle aziende abbinato ad assenza di economie di scala e logiche di tipo industriale nonche’ ad un accesso esclusivo per le fonti di finanziamento al comparto bancario, generalmente piu’ oneroso rispetto ad altre fonti presenti nei capitalismi evoluti;
  • minore presenza di livelli di aggregazione distributiva o brand internazionali;
  • inesistente “contaminazione” manageriale frutto di un fenomeno molto frequente in altri comparti di mobilità dei Manager di funzione (Direttori Marketing, direttori commerciali, direttori generali, capi reparto etc);
  • inesistente confronto con professionalità di altri comparti, l’associazionismo e’ esclusivamente di matrice di appartenenza e non aperto ad altri comparti in grado di allargare gli orizzonti di confronto.

Comprendere ed affrontare i temi trattati contribuirà ad uno sviluppo, speriamo positivo, del comparto e delle professionalità.

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