Albergo n. 69. Il turismo ha bisogno di maggiori risorse di quelle stanziate dal Pnrr
“Il turismo ha bisogno di maggiori risorse di quelle stanziate dal Pnrr, vale oltre il 13% del pil e gli è stato destinato l’1.5% “- ha dichiarato Massimo Garavaglia, facendo il bilancio di questo primo anno alla guida del ministero del Turismo in una recente conferenza stampa presso il suo dicastero, proseguendo così:
“Per noi i 2,4 miliardi stanziati (che arrivano a 7 sfruttando in tutti i modi l’effetto leva) – dice – sono pochi e abbiamo più domande delle risorse a disposizione, cose che non capita a tutti: l’importante è non lasciare risorse inutilizzate. Confidiamo per questo nella flessibilità”.
Secondo il ministro – come riporta l’agenzia ANSA – non si può lasciare a livello di Paese che alcuni fondi assegnati ai ministeri non siano utilizzati mentre altri ministeri hanno bisogno di maggiori risorse.
Anche per questo motivo il Ministro, da noi interpellato sul pesante calo (a due cifre) di iscritti agli IPSAR (gli Istituti Alberghieri Statali) avutosi negli ultimi due anni, ci ha dato una risposta.
Come si può pensare si possano superare queste difficoltà se non c’è la voglia di impegnarsi a cercare realmente un lavoro o se questa è stata dimenticata dal ‘bonus mensile ai disoccupati’ che lo Stato elargisce, siano questi italiani od esteri qui residenti. Una soluzione del problema è stata trovata da Garavaglia e pare in via di soluzione utilizzando fondi dimenticati in qualche deposito di altri ministeri e mai utilizzati.
Questi fondi vanno utilizzati subito per adeguare la formazione dei giovani – spesso carente – nei ruoli chiave per gli albergatori, dalla reception alla sale, ecc.: è falso e fuorviante continuare a parlare dell’offerta italiana al top – che è più cara della media di pari livello – perché si offre qualità nelle strutture, nei servizi e nell’accoglienza dei turisti quando, troppo spesso, questa manca anche nella fascia alta del mercato perché il personale non è adeguato o non è motivato come dovrebbe.
Per anni si è battuto il tasto dell’alta formazione che era necessaria: ogni Università ha creato master d’ogni tipo per spingere i laureati a lavorare nel turismo, spesso con corsi mediocri o già superati, non più consoni ad un settore che si modifica in fretta, evolvendo in funzione delle richieste dei turisti. E’ quanto viene fatto in Paesi cha non hanno le nostre bellezze ma hanno imparato come va fatta un’accoglienza di alto livello.
Ora, mancando drammaticamente il personale negli hotels come nella ristorazione – non solo quello più capace ma anche chi dovrebbe iniziare a fare esperienza sul campo -, ci si accorge che i provvedimenti governativi sul lavoro si sono rivelati un boomerang. Trovo strano che anche un Presidente del Consiglio del valore di Mario Draghi non se ne sia accorto… ma forse si trova impotente nel contrastare quei gruppi politici che hanno puntato su questo per mantenere il proprio elettorato…
Purtroppo su questo fronte non ho ancora notato, da parte dei sindacati di categoria, quell’attenzione e quella volontà che è necessaria per cercare di limitare il problema del personale, non di poco conto, dovrebbe avere per mantenere adeguata alla sua storia l’offerta del nostro Paese.
Per la cronaca, in questo primo anno di attività il ministero del Turismo ha erogato 1,7 miliardi di euro di sostegni alle categorie che ne avevano diritto, accogliendo 24 mila istanze avanzate dagli operatori. Tra i settori sostenuti: agenzie di viaggio e tour operator (586 mln), organizzatori di fiere e congressi (400 mln), strutture ricettive (181 mln), impianti di risalita a fune (367 mln).
La pandemia sta trasformando il settore alberghiero
I due anni di pandemia, non ancora passata peraltro, hanno contribuito ad una trasformazione del settore ricettivo in Italia, soprattutto per quanto riguarda le modalità di pianificazione delle vacanze. E’ cresciuta la prenotazione diretta dei clienti nelle strutture, specie telefoniche con quote fino al 36% del totale, ciò a discapito delle varie piattaforme web.
Il clima di incertezza ha ridotto la “booking window”, la distanza in giorni tra la data di prenotazione e la data di check-in, scesa dai 54 giorni del 2019 ai 37 del 2021. Aumentano le prenotazioni last minute, che per le città d’arte raggiungono il 30% del totale. Questa corsa all’offerta comporta un elevato rincaro dei prezzi per gli albergatori, che devono fronteggiare l’impossibilità di organizzarsi e pianificare con anticipo: anche questo contribuisce al calo della qualità dei servizi. Tra gli effetti delle crescenti prenotazioni dell’ultimo minuto, l’incremento medio di prezzo tra tariffa di partenza e rack rate, ovvero il prezzo massimo applicato, per la stessa camera e per la medesima data si attesta oggi al 28%.
Sono alcuni dei trend presenti nel rapporto “Due anni di pandemia: il bilancio del settore alberghiero italiano” realizzato dall’agenzia AlbergatorePro, che raccoglie oltre 9.500 albergatori, per analizzare la situazione del settore ricettivo nel biennio 2020-21 incrociando i dati provenienti da diverse fonti, tra cui Istat e Federalberghi e dati inediti.
Giulio Biasion
Ogni testo è redatto da l’Albergo, proprietario dei diritti di proprietà intellettuale.
Qualunque riproduzione, anche parziale è vietata, così come l’utilizzo del logo senza preventiva autorizzazione scritta è perseguito a termini di legge.