Fondi ed investitori a caccia di immobili da valorizzare
Come era emerso già nell’ultima edizione di ITHIC (ottobre 2023 a Roma), fondi internazionali, investitori privati e pool di investitori continuano ad interessarsi all’asset class alberghiero, un po’ motivati dal ritorno vigoroso dei flussi turistici nel bel paese un po’ anche spinti da due grandi eventi internazionali, il Giubileo (2025 a Roma) e le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026.
Questo interesse stimola l’attività di consulenti, sviluppatori, broker immobiliari e asset manager e sollecita gli albergatori a valutare la possibilità di vendere, passare la mano ai figli/nipoti o rilanciare.
Abbiamo chiesto a Fabrizio Trimarchi, da anni nel settore del Real Estate, di illustrarci le caratteristiche del suo lavoro, le previsioni sul mercato immobiliare alberghiero italiano e le opportunità costituite dall’implementazione dei contratti di management nel nostro settore, con un focus sul ricambio generazionale e sulle nuove sfide che gli albergatori devono e dovranno affrontare.
D: Dottor Trimarchi, ci dice in che cosa consiste il suo lavoro e quali sono le attività che sviluppa nel settore dell’ospitalità?
R: La mia attività si concentra principalmente nell’analisi e nella esecuzione di progetti di investimento immobiliare alberghiero, con oggetto gli asset di differente tipologia e natura. L’analisi dell’investimento prevede sempre una fase desktop a cui si associa un sopralluogo per la conoscenza approfondita dell’immobile. Per il tipo di analisi, l’obiettivo prevalente è la determinazione della natura dell’investimento e la sua valutazione, attraverso modelli di valutazione che determinino il ritorno sull’investimento. Le metriche riguardano sia la componente immobiliare, pertanto il prodotto alberghiero, con le sue caratteristiche fisiche, sia la parte gestionale dell’investimento, che riguarda le attività operative alberghiere, con particolare riferimento alle stime di conto economico.
D: Lei spesso opera tra i fondi di investimento/gli investitori e le catene alberghiere internazionali: ci racconta brevemente il contesto e le loro aspettative sul mercato italiano?
R: Direi che questo è un momento molto positivo per gli investimenti immobiliari alberghieri in Italia. C’è grande interesse da parte di operatori, investitori, e sviluppatori di nuove iniziative, su tutto il territorio nazionale. Un esempio concreto recente è il mio coinvolgimento quale Development Director Italy per la catena spagnola Panoram Hotels, che ha l’obiettivo di espandersi in Italia con un modello di partner gestionale che adotta contratti di HMA (hotel management agreement) e che – insieme ad alcuni partner investitori selezionati – ha la capacità di acquisire gli asset e valorizzarli. Il sentiment generale che si ha è che gli investitori internazionali considerino – finalmente – l’Italia un mercato fondamentale in Europa e con grandi potenzialità di sviluppo e crescita. In particolare, l’elemento che emerge è il bisogno crescente di trovare prodotti alberghieri che soddisfino una domanda qualificata di livello medio-alto, rispondente a standard alberghieri internazionali.
D: In Italia si parla ancora poco di contratto di Management, soprattutto negli hotel indipendenti, ci può dire in che cosa consiste e quali sono i vantaggi per l’albergatore?
R: Il contratto di management sta progressivamente diffondendosi in Italia, a partire da alcune posizioni associate a marchi internazionali e immobili di qualità e con proprietari di tipo professionale o istituzionale. Se guardiamo agli altri paesi, questa diffusione del tipo di contratto è già avvenuta e, pertanto, anche l’Italia ne sarà interessata. Dal nostro punto di vista, ad esempio, il tipo di contratto che proponiamo è l’HMA, associato di sovente con contratti di franchising con marchi internazionali. Poiché Panoram Hotels è un operatore white label, la sua operatività è collegata alla associazione con contratti di affiliazione ai principali brand alberghieri appartenenti ai gruppi quali Hilton, Marriott o Accor. Il vantaggio principale che si ha dal punto di vista del proprietario – che magari non è esperto di gestione, oppure è soltanto un investitore che non interviene nell’operatività – è quello di ottenere un allineamento di interessi tra proprietario e gestore, poiché il contratto di management consente al proprietario di poter beneficiare degli incrementi di valore che provengono appunto dalla gestione operativa.
D: Sempre a proposito di alberghi indipendenti, il patrimonio immobiliare italiano è formato da molti alberghi che ormai hanno bisogno di essere rinnovati anche profondamente… Questo può rappresentare un’opportunità per gli investitori?
R: Attualmente, si assiste in modo evidente di una forte “divaricazione” tra una fascia di mercato, composta da asset alberghieri esistenti o progetti, da investitori, e da professionisti che contribuiscono – tutti insieme – ad innovare il comparto alberghiero italiano. Da un lato, pertanto, l’apice di un fenomeno che investe immobili alberghieri di media e grande dimensione, in location prevalentemente principali, oggetto di programmi di riqualificazione e riposizionamento. Dall’altro, la grande parte degli immobili alberghieri non subisce grandi trasformazioni in termini di rinnovo e riposizionamento. Numericamente, possiamo quantificare tale fenomeno con una percentuale di circa il 5% degli alberghi italiani nel complesso, percentuale che diventa il 10%-15% se proiettiamo il fenomeno nella categoria dei 4 stelle, e in parte anche di una porzione dei 3 stelle. Da questi numeri comprendiamo immediatamente quale sia l’entità del fenomeno. Gli investitori – che ricordiamolo, sono investitori “immobiliari” – considerano l’asset class alberghiera solo in relazione alla possibilità di creare valore, e la dimensione “minima” sicuramente è un elemento fondamentale per il successo di un’operazione di investimento alberghiero.
D: Come è possibile – secondo lei – impostare correttamente il passaggio generazionale nel nostro settore?
R: Purtroppo, il mestiere dell’albergatore “old style” è destinato a tramontare, lasciando sempre di più il posto alla managerialità e alle performance. Di questo si ha forte evidenza nelle famiglie di imprenditori alberghieri ove, spesso, i figli non proseguono nell’attività delle generazioni precedenti. È probabile che nel lungo termine, 20 o 30 anni, molti alberghi italiani siano destinati a scomparire, o a lasciare il posto a forme differenti e più efficienti (o meno costose) di ospitalità. Per le nuove generazioni che intendono proseguire, sicuramente l’acquisizione di esperienze fuori dal contesto familiare e una solida formazione internazionale possono essere un approccio appropriato per preparare i giovani all’ingresso nelle imprese familiari al momento del ricambio.
D: Quali sono secondo lei le sfide che gli albergatori oggi devono affrontare dal suo punto di vista?
R: A mio avviso, il tema che gli albergatori si pongono poco è quello di come poter innovare nelle proprie aziende, al fine di creare valore. Essenzialmente, il livello di competizione è divenuto talmente elevato che alcuni alberghi non hanno più la possibilità di restare sul mercato. In particolare, sia il crescente costo degli intermediari online per la maggior parte delle strutture, sia il bisogno crescente di investimenti sulla componente immobiliare, conducono gli albergatori – soprattutto quelli che possiedono solo un albergo e che quindi non possono godere di maggiori economie di scala – verso un circolo di minori margini operativi, minore capacità d’investimento e conseguente minore qualità di servizio. Se a questo aggiungiamo la componente del personale e le difficoltà a trovare, formare e mantenere le persone migliori, comprendiamo come il lavoro di albergatore sia divenuto un’attività altamente complessa, che si esplica su base locale, ma che sempre di più compete su scala globale.
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