Investimenti. La polverizzazione dei fondi PNRR è un errore strategico
Da quanto leggo sono centinaia i progetti che mirano ad utilizzare i fondi PNRR per rilanciare borghi più o meno sperduti, tanto sotto il profilo residenziale quanto per quello turistico.
Temo si tratti di un notevole errore di tipo strategico e provo a spiegare le mie ragioni.
Le forme del turismo massivo tendono a premiare le aree note e collaudate: si definisce pertanto l’esigenza, in termini di ottimizzazione dei risultati economici, di concentrare le forme del consumo turistico in POLI TURISTICI ATTREZZATI, veri e propri Comprensori turistici, in cui la condivisione delle esperienze e delle competenze sia parte del patrimonio collettivo.
Polverizzare l’offerta, diversamente, riduce i vantaggi, diluendo proporzionalmente il rapporto tra costi (certi) e benefici (incerti) dell’operazione, alla quale, dopo la conversione a favore delle aspettative turistiche, spettano pesanti oneri e investimenti di comunicazione e marketing.
Se vogliamo (e vogliamo) che l’Italia disponga di un turismo trainante gli adeguamenti vanno finanziati soprattutto nelle aree a vocazione turistica già attiva (pensiamo al patrimonio termale o a quello degli antichi sanatori montani e immaginiamo una conversione strutturale), non distribuiti a pioggia su territori che, nella migliore delle ipotesi, potranno attrarre qualche centinaio di turisti.
Riqualificare l’offerta territoriale, dell’accoglienza e dell’ospitalità nelle aree a vocazione turistica significa rinforzare l’offerta a favore di una domanda potenzialmente in crescita.
Polverizzare l’offerta non significa, al contrario, sviluppare pariteticamente la domanda.
Piuttosto che polverizzare, quindi, è necessario concentrare l’attenzione sulle maggiori e più rilevanti opportunità che l’andamento della domanda manifesta. Giusto per fare un esempio secondo il recente rapporto di Isnart e Legambiente presentato alla Fiera del Cicloturismo a Bologna, nello scorso anno, i pernottamenti di cicloturisti in Italia sono stati oltre 33 milioni, generando un impatto economico di oltre 4 miliardi di euro. Inoltre il fenomeno del cicloturismo sta contribuendo a ridistribuire i flussi turistici verso borghi e aree interne del Paese, aiutando a bilanciare l’over tourism delle città d’arte e delle macro destinazioni. Il rapporto Isnart sottolinea l’importanza del web nel segmento specifico del cicloturismo con un 44% dei cicloturisti che ricerca e ottiene informazioni online prima di partire, e il 65% che utilizza i social media per condividere le loro esperienze di viaggio, trasformando così tanto la ricerca di informazioni quanto la condivisione dell’esperienza in un ottimale modello di marketing del territorio.
Mentre il cicloturismo necessita di infrastrutture pubbliche (piste ciclabili) e private (adeguamento dell’offerta ricettiva) è necessario sviluppare un diverso ragionamento per quanto riguarda l’offerta Termale, segmento verso il quale si tratta di intervenire più in termini di “formazione” all’accoglienza e all’organizzazione dell’offerta in modalità coerenti rispetto alle motivazioni espresse dalla domanda di mercato.
Purtroppo buona parte del segmento termale non è ancora riuscito a distaccarsi dalla mentalità “curativa”, caratteristica dei decenni passati quando il settore era sostenuto da pubbliche prebende sanitarie, per approdare all’idea di benessere (o wellness come preferite dire), in cui prevalgono gli elementi collegati a estetica, bellezza, disintossicazione e dieta. Un adeguamento non strutturale ma di “servizio”, che va accompagnato ad un’adeguata formulazione, presentazione e comunicazione dell’offerta, con un impatto finanziario decisamente ridotto rispetto al predetto segmento cicloturistico.
Puntare, quindi, su pochi, selezionati segmenti in grado di produrre, rapidamente e diffusamente, ricadute economiche.
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