La ricetta per i giovani: orari sostenibili, benefit, formazione, coinvolgimento

La ricetta per i giovani: orari sostenibili, benefit, formazione, coinvolgimento

Luca Gambaretto, CEO del Dib Group Di Verona, da noi intervistato, ci spiega come ha risolto al meglio i problemi legati al personale. Nel gruppo veronese è calato del 50% il tasso di turnover dei collaboratori, che per l’80% sono under 30

Un giovane imprenditore veronese ha dato vita al progetto Dib Academy che prevede lo scambio reciproco di competenze acquisite dal personale di sala e cucina non solo nei confronti dei nuovi assunti, ai quali viene assegnato un tutor aziendale che li sappia orientare nei momenti successivi all’inserimento, ma anche nei confronti dei dipendenti già in forze al gruppo. Si tratta di un’ulteriore valorizzazione della preparazione e delle capacità dei singoli collaboratori, che diventano così mentori rispetto ai propri colleghi. Non si tratta di insegnamenti “calati dall’alto” con coach professionisti ma di un approccio assai più rilassato, che da una parte rende la formazione meno rigida per gli studenti, facilitando l’apprendimento e dall’altra motiva ancora di più il personale che vede giustamente valorizzato il proprio know-how. Il tutto dà origine a una collaborazione che rafforza lo spirito di squadra e il senso di appartenenza al gruppo del personale dei tre locali di Dib Group: Ristorante Maffei, Amo Bistrot e Oblò Comfort food. Il motto di Do It Better Group che conta circa 60 persone è: “Team work makes a dream work”, perché lo spirito di squadra, il confronto e l’inclusività sono i veri motori di questo gruppo. DIB promuove una ospitalità elegante e familiare, dando molto risalto ad una cucina di grande gusto e qualità, che riprende i piatti del territorio.

Nell’incontro avuto con Luca Gambaretto al Ristorante Maffei abbiamo chiesto all’imprenditore qual è stato il suo percorso imprenditoriale per arrivare ad un risultato tanto difficile che ne fa un “unicum” nel panorama ristorativo nazionale.

R. Gestisco un piccolo gruppo di ristorazione, Do It Better Group, attualmente presente solo su Verona. Ho iniziato con il Ristorante Maffei, quello della mia famiglia, non sono un figlio d’arte: mio padre era commercialista, rilevò questa insegna storica più di trent’anni fa con dei soci di settore. Io sono partito da lì nel 2004: durante le vacanze scolastiche stavo in cucina, poi in sala. Nel 2010, mentre ero iscritto ad Economia, ho avuto l’opportunità di gestire in prima persona il ristorante: è stata una bella sfida. In questi 13 anni c’è stata una evoluzione: avendo cominciato la gestione a 21 anni, ho sempre cercato di circondarmi di persone giovani, da far crescere con me in questo percorso.

D. Sua sorella Silvia cura l’accoglienza per i clienti, mentre lo Chef Andrea Valentinetti completa lo staff. Come gestite questo locale?

R. Silvia è la colonna portante dell’attività, il punto di riferimento per quanto riguarda l’accoglienza, la sala, l’area gestionale degli eventi; Thomas, che è un nostro collaboratore da 8 anni, ha fatto un percorso da stagista: dall’alberghiero oggi si occupa degli eventi. Per quanto riguarda la cucina abbiamo scelto come Chef Mentor Andrea Valentinetti, segnalato per anni nelle migliori guide enogastronomiche, che dopo aver ottenuto premi e riconoscimenti alla guida del ristorante Radici di Padova ha deciso di collaborare con noi. Per quanto riguarda i giovani, la Dib Academy interna cura un percorso di crescita individuale per tutti quelli che fanno parte del nostro organico nei tre locali. Negli ultimi anni nel settore della ristorazione c’è un allontanamento da parte dei giovani, complici gli orari molto prolungati di lavoro, anche nei weekend, i contratti un po’ precari… Per far riscoprire la bellezza e l’unicità di questo mestiere, che permette di vivere una parte piacevole della vita delle persone, noi imprenditori dobbiamo essere bravi a trasmettere questa energia ai giovani: cerchiamo sempre di lavorare sul tema della qualità del lavoro, più che sulla quantità.

D. Al Maffei mi ha stupito il numero dei vostri ragazzi in sala: tutti ben preparati, efficienti, cordiali: dove li ha trovati? Immagino ci siate lei e sua sorella dietro alla preparazione dei ragazzi…

R. Questo percorso non è nato dall’oggi al domani: se i ragazzi stanno bene, faranno loro stessi da ambassador e richiameranno altri ragazzi. Nel 2017 ho aperto tre locali, focalizzandomi più sul progetto che sulle persone che ne facevano parte: è stato uno sbaglio da cui ho capito che oggi bisogna prima reperire il personale. Spesso mi dicono: “Tu stai spendendo tanti soldi nella formazione, se poi i ragazzi se ne vanno?”. Io, invece, mi preoccupo di trovare il modo per farli rimanere. Se non offri ai giovani una visione, ti abbandoneranno. Bisogna circondarsi di persone stimolanti e stimolate: sta a noi valorizzarli, far capire loro che stare nel nostro gruppo può offrirgli un percorso di crescita.

D. Ma i suoi concorrenti, dal Pizzaiolo allo Stellato, non escono dalla difficoltà di trovare personale adeguato, forse perché si vuole evitare di fare una preparazione interna.

R. Questa è una cosa che mi fa riflettere. Parlavo con uno Stellato, in montagna: mi diceva che in una città come Verona è facile reperire personale, mentre lui deve prendere i pochissimi giovani a disposizione, con tutt’altro genere di preparazione, e formarli da zero. Ma è proprio qui il punto: bisogna darsi da fare per farli crescere e imparare. Noi non salviamo vite umane, serviamo piatti di pasta. La parte “tecnica” si impara, e si migliora.

D. È più complicato trovare personale per la Sala o per la Cucina?

R. Per la Cucina mediamente c’è un po’ di passione di base; invece, per quanto riguarda la Sala, viene vista spesso come un lavoro “di passaggio”, il che mi fa imbestialire.

D. Avete buoni rapporti con le Scuole Alberghiere? Che suggerisce per migliorarli e per aggiornare il profilo di molti insegnanti?

R. Marco Daniele, un giovane professionista che lavora con me già da tempo come Responsabile di Sala, è stato insignito del ruolo di gestore dell’Academy e tiene tutti i rapporti con gli istituti Alberghieri. A breve organizzeremo un Open Day, prima con i presidi delle scuole, per fargli capire cosa facciamo; poi con i ragazzi, che potranno venire a visitare la nostra azienda e poi, se vorranno, si potrà strutturare un rapporto insieme. Quello che cerco di fare è costruire un rapporto di medio-lungo periodo. Ogni anno, da quattro anni a questa parte, visito la scuola della famiglia Cotarella, che si occupa di Alta Formazione per la Sala. Tantissimi dei loro ragazzi provengono dall’Alberghiero di Stresa: questo vuol dire che quella scuola rappresenta davvero una eccellenza.

D. Cosa suggerisce ai suoi colleghi ristoratori e a chi ha investito nei Ristoranti all’interno di grandi alberghi?

R. Bisogna parlare più di persone e meno di piatti. La valorizzazione delle risorse umane deve prevalere sulla retorica dell’Alta Cucina: il focus va spostato sulle persone, non sul tannino del vino. Dobbiamo imparare molto sul discorso della formazione, ad esempio dagli Stati Uniti, per esempio sull’impostazione: in Italia se c’è una serata più impegnativa si chiama un amico che aiuta nel servizio; ma questa deve essere una eccezione per un’emergenza, non la regola. Bisogna riuscire a dare valore al nostro lavoro.

 

 

DISCLAIMER
Ogni testo è redatto da l’Albergo, proprietario dei diritti di proprietà intellettuale.
Qualunque riproduzione, anche parziale è vietata, così come l’utilizzo del logo senza preventiva autorizzazione scritta è perseguito a termini di legge.
Taggato con: , ,