Nella crisi del personale c’è chi è riuscito a motivare i dipendenti
Incontro con Gianluca Borgna, General Manager del Grand Hotel Alassio, che ha formato personale capace e fidelizzato
Chef, camerieri, maitre hanno scelto ambiti e settori – come la distribuzione o la logistica – ritenuti più sicuri. Anche se pagati meno. Ma con il sabato e la domenica liberi. Il settore dell’hospitality è in crisi per la carenza di personale che tocca sia gli alberghi che la ristorazione.
Secondo Aldo Cursano, vicepresidente di FIPE Confcommercio, il settore oggi conta 800 mila dipendenti. «Il 30% delle imprese non trova per mancanza di candidati, il 13,8% per l’inadeguatezza dei curricula. La figura più ricercata è il cameriere di sala (55 mila), poi cuochi e aiuto cuochi (30 mila), banconieri di bar (16 mila), banconieri di gelateria (10 mila). In almeno sette casi su dieci si richiedono esperienze pregresse nel settore e quindi una buona competenza». E sullo stipendio fa sapere che la Fipe offre contratti «che hanno costi per l’azienda da 20 euro lordi all’ora per un operaio. Ma ci sono altri 30-40 contratti che vanno al ribasso, senza diritti, scatti, permessi. Applicare il giusto contratto – da apprendisti prima, operai poi – consente di avere stipendi dignitosi: un apprendista circa 1.200 euro al mese, un operaio 1.400-1.500 euro e poi 1.800 e anche 2.000 o più su se si gestisce la sala. Si arriva anche a un netto per un quarto livello di 1.400-1.500 euro su 15 mensilità».
Di questo tema ne parliamo con un giovano direttore d’albergo, General Manager del Grand Hotel Alassio, albergo del segmento luxury che si distingue anche per l’alto livello del personale.
Direttore, lei che con il suo progetto “Lusso Gentile” insegna anche nelle scuole alberghiere, come valuta l’attuale momento?
I manager dell’Ospitalità hanno una grandissima responsabilità oggi: quella di far tornare la passione per questo mestiere ispirando le nuove generazioni. Parlando con gli studenti, è difficile trovare nelle classi terze e quarte qualcuno che non si mostri interessato a proseguire il percorso nell’Ospitalità. Poi, quando arrivano agli stage, in molti si spaventano per le condizioni di lavoro e, spesso, per uno stile di leadership opinabile. Onestamente, credo che il Covid abbia accelerato un processo obbligato di cambiamento radicale nel nostro mondo. La realtà è che per anni si sono offerte condizioni di lavoro e contratti non particolarmente vantaggiose. Non si è investito sulla formazione, su alloggi dignitosi – soprattutto nelle località stagionali – e su un clima di lavoro orientato alla positività ed al benessere psicofisico. Poi, improvvisamente, ci si accorge che qualcosa non va. A mio modestissimo parere, è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale che possa riavvicinare i giovani al lavoro più bello del mondo. Ecco, con Lusso Gentile proviamo a fare proprio questo. Ed è anche necessario modificare i programmi delle scuole alberghiere, davvero poco in linea con i nuovi trend dell’ospitalità.
Parliamo di competenze: oggi è quanto si richiede al personale, avere una specializzazione per poter ambire al top nel settore lavorativo scelto. Lo vede possibile?
Anche qui, andrò controcorrente. Proprio pochi giorni fa, è terminata “A Scuola di Sogni”, la prima iniziativa formativa in Italia dedicata alle soft skills in una scuola alberghiera. 60 ore ideate all’interno del progetto culturale Lusso Gentile che ho diretto insieme a Donatella Lorato e Giampaolo Grossi e che hanno l’obiettivo di trasferire agli studenti quelle che, secondo noi, sono davvero gli strumenti per fare la grande differenza. La gentilezza è molto più importante dei preziosismi.: sapersi prendersi cura dell’Ospite, ascoltarlo e cercare di definire qualcosa di pensato appositamente per una persona è un dono meraviglioso. A prescindere del valore che stai portando in termini economici. E, aggiungo io, caratteristiche come l’intelligenza emotiva, l’empatia e la capacità di essere attenti e prestare ascolto contano molto più di tutto il resto. Il Cv per quanto mi riguarda ha un ruolo assolutamente secondario. Per quanto concerne invece una specializzazione pura a livello scolastico/accademico, consiglierei di diversificare per allargare gli orizzonti: il nostro mondo, è l’unico che assorbe pochi talenti provenienti da altri settori. Invece, i laureati in lingue, filosofia e psicologia dovrebbero poter ambire a far carriera nell’ecosistema dell’accoglienza.
Se per i chef il problema è minore, ma da non trascurare, per il cameriere le motivazioni sono deboli. I programmi degli IPSAR hanno colto con ritardo le aspettative dei ragazzi e il metodo dello “storitelling” – che nobilita il ruolo di Maitre e Camerieri facendone gli ambasciatori del locale e del territorio da dove nascono le produzioni tipiche, cosa ne pensa?
Penso che per anni, anche qui, si siano celebrate troppo le doti della cucina e poco quelle della sala. Come diceva lo zio di Benigni ne La Vita è Bella, servire è l’arte suprema e le doti umane che un protagonista della sala deve mettere in pratica durante il suo duty sono inestimabili e complicatissime. E un cameriere, attraverso l’ascolto dell’Ospite e la lettura dei suoi desideri è in grado di creare una relazione per la vita tra quella persona e quel brand, che sia un hotel o un ristorante. Bello lo storytelling ma più bello ancora è il tentativo di creare un link sincero, una condivisione, un momento ricco di emozioni. Altrimenti si rischia di creare il solito racconto del piatto che annoia e che non vedi l’ora che finisca per poter iniziare ad arrotolare lo spaghetto. Perché la comunicazione a una via non funziona. Insomma, vorrei veder elevato questo ruolo allo standing che merita e vorrei vedere anche un MasterMaitre in TV. Non ho purtroppo tempo per scrivere il programma anche se mi piacerebbe moltissimo!
Intravvede delle soluzioni a breve o si dovrà puntare solo sulla manodopera estera che, in ogni caso, va formata ed adeguata alle esigenze delle nostre tradizioni?
Storia già vista in altri paesi e, forse, la strada più facile e con meno visione a lungo raggio. Iniziamo a intervenire sul sistema: in un paese che vede una forte verticalità sul mondo del turismo, si va alla scuola alberghiera quando si è fallito in tutto il resto. Al liceo è andata male e poi anche a ragioneria? Allora, prima di andare a lavorare proviamo anche a un Istituto Alberghiero! Lo so, sto estremizzando ma non siamo molto lontani dalla realtà. Sogno un’Italia dove la Scuola Alberghiera possa ambire ad essere la prima scelta perché poi si ha la possibilità di coltivare un sogno senza dover sacrificare la propria vita privata. Attenzione: la felicità non è soltanto nel weekend. Per me come per tanti altri, questa consapevolezza è stata raggiunta. Tuttavia, il tempo libero è sacro. Da noi, stiamo provando ad aumentarlo sempre di più e i risultati si vedono. Quest’anno, il turnover si è quasi azzerato e già a gennaio avevamo la squadra pronta per tutto il 2023, nonostante le proprietà abbiano una matrice stagionale (seppur di 10 mesi). E non è soltanto questione di tempo. Adesso, è questione di tempo di qualità e del rispetto che hai per il tempo altrui.
Venendo all’albergo che lei dirige, il GHA, ho notato una grande nei confronti del cliente e anche una collaborazione tra gli staff ed i vari reparti che non capita spesso vedere. Come è riuscito in questo?
Con tanto lavoro sulle persone, sul feedback, sulla fiducia, sul potere della delega e dell’empowerment. Per me, hotellier per caso – sono laureato prima in psicologia del lavoro poi in direzione del personale con successiva specializzazione in marketing – quanto precedentemente detto rappresenta la normalità. Ma quando mi sono interfacciato per la prima volta con questo mondo, ho trovato qualcosa di profondamente diverso. Allora abbiamo provato a fare un percorso molto sui generis: da 3 anni siamo impegnati nel costruire e definire un gruppo di persone smart che fanno della propria unione il vero motore trainante. Quando sono arrivato, nel 2020 e in piena pandemia, si partiva da una base molto legata alle classiche strutture familiari italiane, molto gerarchizzate e poco informatizzate. Negli anni, tutto questo è cambiato a favore di processi resi più veloci dalla tecnologia per aiutare le persone ad avere più tempo da dedicare agli altri – Ospiti, colleghi e qualsiasi attore che interviene nel nostro ecosistema – e a sé stessi. Oggi, siamo diventati un piccolo gruppo di alberghi con – in previsione – un’ulteriore crescita, abbiamo un brand, una visione ed una cultura aziendale davvero interessanti e viviamo con la consapevolezza di star facendo qualcosa di straordinario. Tutti gli indicatori – quelli che riguardano le nostre persone e, di conseguenza, tutti i valori di performance economica e finanziaria – sono schizzati alle stelle negli utltimi 3 anni. E il bello deve ancora venire.
In merito al Vs splendida struttura come vede le prospettive di questa stagione?
Eccellenti: negli ultimi 2 anni abbiamo superato ogni mese un record e speriamo di poter fare altrettanto. Abbiamo incrementato il numero di repeaters in maniera importante e nuovi mercati si stanno aprendo. La nostra Academy interna crescerà così come il nostro laboratorio d’arte, con 4 mostre d’arte in giro per le strutture. Ci piacerebbe a breve poter replicare questa isola felice e siamo già in trattativa per altre aperture. Siamo un gruppo giovane – basti pensare che ho iniziato a fare il direttore generale proprio qui, con una proprietà che mi ha dato la possibilità, a 33 anni, di prendere in carico un ruolo così importante – e vogliamo continuare a crescere, insieme. Qui, abbiamo trovato un equilibrio difficile da barattare con altro. Tutti viviamo cercando la felicità e qualcuno riesce a capire quei mezzi che davvero ti fanno vivere perennemente con il sorriso. Il lavoro non è tutto ma è una parte importante della vita e, se ti rende felice e ti lascia tempo per le tue passioni, sei già un passo avanti. Insomma, questa Talassio Collection è un po’ come la rosa del Piccolo Principe: ce ne prendiamo cura tutti i giorni e, proprio per questo, è diventata unica. Almeno per noi. Ad maiora!
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