Politica del Turismo: cosa sanno i candidati, cosa domandare loro
Si va alle urne tra poco: in democrazia dovrebbe essere normale. Per noi che ci occupiamo di Turismo una ghiotta occasione per sostenere chi ci sostiene, sempre che esista chi ci sostiene, e per formulare proposte a chi poi, delegato alla normazione, potrà renderle operative.
Alt! Da capo.
Li ho provati tutti: ho sperimentato le liti furibonde nella commissione turismo di Forza Italia al suo esordio, ho lavorato fianco a fianco col presidente della Commissione Turismo di Alleanza Nazionale, nelle aule parlamentari fino a giungere ad un passo da una proposta di riforma dell’Enit, ho vissuto dall’interno la galassia cooperativa, come dirigente di un gruppo alberghiero e ne ho tratto come segue:
1) non esiste una Politica Turistica italiana (ma non esiste neppure una politica energetica, una occupazionale e una industriale o dei trasporti, quindi il punto 1 è ininfluente);
2) generalmente in politica si parla di Turismo quando c’è aria di quattrini (da ricevere o da richiedere). Diversamente l’argomento è ignoto.
3) ci sono troppi Turismi per parlare di Turismo: questo è vero. Se mettiamo in fila le “forme economiche del turismo” (strutture ricettive, imprese di trasporto, organizzazioni commerciali) non riusciremo mai a trovare un fil-rouge di aggregazione e conviene allora distinguere chiaramente le tre macro aree e così facendo entrare nel merito delle cose.
Le strutture ricettive hanno dinamiche e problematiche tra loro differenziate, soprattutto in base al posizionamento geografico: gli albergatori delle città d’arte hanno problematiche specifiche rispetto agli stagionali costieri, per dire.
Certo, hanno questioni comuni: la rilevanza del valore immobiliare, il carico fiscale, gli oneri accessori delle pertinenze, il carico contributivo del personale dipendente, le spese energetiche, le problematiche legate alla sostenibilità, persino gli aspetti delle norme HACCP possono divenire una problematica, ma di COSA HA BISOGNO il settore alberghiero dalla politica nazionale?
- Maggiori facilitazioni di accesso al credito? Certamente.
Per fare cosa? Solo dal punto di vista dell’adeguamento ai criteri della Sostenibilità c’è da fare per il prossimo secolo…
- Strumenti di implementazione tecnologica? Certo: non si può lasciare la propria commercializzazione in mano agli algoritmi dei colossi del web, e in questo senso o si determinano politiche di “catena” un brand commerciale trasversale) o si creano “catene”, o meglio Community, di strutture ricettive territorialmente determinate o, infine, si sviluppano Comunità di strutture orientate ad un determinato pubblico e mercato (bikers, pellegrini, bird watcher, golfisti o quello che sia).
Sono dinamiche, le ultime indicate, che peraltro ben si coniugherebbero con un “lavoro comune e integrato” tra i gestori della politica turistica territoriale (ATL e assessorati) con l’attività privata, insomma roba da Urania e fantascienza d’asporto.
- O ancora: Automazione dei processi di servizio? Crescono le iniziative di integrazione tra Intelligenza Artificiale e aree di servizio (concierge, piccola colazione, pulizia delle aree comuni) ma la maggioranza degli alberghi riflette nel proprio Capitale Umano una delle risorse principali e in questo senso la resistenza al cambiamento è particolarmente strenua.
Quello che salta però all’occhio anche di uno come me è che per fare fronte alle attese di modifica e miglioramento del comparto alberghiero servono capitali giganteschi, che i singoli operatori ben difficilmente possono permettersi né in forma di accesso al credito né tanto meno in forma di capitale proprio. Quindi la cosa che serve maggiormente è, a mio avviso, un sistema normativo che agevoli l’affermazione di Associazioni di Imprese per la creazione di Comunità in modo che siano quelle Associazioni o quelle Comunità a dialogare col mondo del credito e della contribuzione per facilitare lo sviluppo dei singoli associati.
Ad ogni modo: le elezioni stanno per arrivare e questo è il periodo delle “grandi promesse”: se non ci proviamo adesso non ci proviamo più.
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