Una analisi sulla sostenibilità del ‘Social Distancing’ in tutti i settori del turismo
In seguito alle misure messe in atto per la gestione del Covid-19, resta ancora difficile inquadrare la situazione in cui si ritrova il settore turistico e per quanto durerà la “distanza sociale” pur se la fase 3 – iniziata con il ritorno alla circolazione all’interno del Paese – segna un passaggio importante. Tra le varie disposizioni elaborate dal governo italiano, la pratica del “Social Distancing” è quella che oggi grava maggiormente sulle spalle degli operatori turistici. Nel tentativo di rendere più chiara questa situazione, THRENDS – Tourism & Hospitality Analytics, una società di consulenza specializzata nel settore Tourism Hospitality, ha presentato uno studio «Sul termine del Social Distancing nel turismo» ponendone il focus sull’ effettiva necessità o meno del distanziamento sociale nel periodo successivo al 15 giugno 2020.
Per gli operatori del turismo, le informazioni che pervengono dal settore privato e da quello pubblico risultano spesso ambigue ed incerte. Lo studio si propone dunque di fornire una base informativa da cui poter considerare che la probabilità di tornare alla normalità nel settore Turismo e Trasporti è molto più alta di quanto si possa credere.
Obiettivi della ricerca
La ricerca, effettuata in data 12 Maggio, ha diversi obiettivi: oltre a voler inquadrare il contesto attuale (anche in prospettiva internazionale), con essa si presentano i dati dello scenario e si cerca di definire la probabilità che il social distancing termini nel breve periodo, senza tralasciare l’impatto di tali misure per le operations. Ormai è stato appurato che il social distancing ha portato ad un significativo incremento dei costi per tutte le filiere turistiche: nel settore alberghiero si stima un incremento dei costi operativi del 10-15%. Tuttavia l’aspetto più preoccupante che emerge dallo studio riguarda la possibile sparizione delle ragioni del distanziamento sociale, la quale comporterebbe per le operations la parziale inutilità degli investimenti fatti. Dunque risulta importantissimo che il governo si adoperi per erigere un piano per il ritorno alla normalità del settore turistico, in modo da poter rimuovere il prima possibile le misure di social distancing.
Nello studio vengono considerati alcuni fattori che hanno spinto ad un’interpretazione distorta della pandemia (e del distanziamento sociale), con conseguenti effetti negativi sul turismo e la mobilità in generale. Il primo aspetto valutato ha riguardato l’alterazione dei dati forniti. Infatti fa notare come l’evoluzione della curva epidemica del virus è stata distorta dalla posticipazione della presenza del virus a febbraio, quando già a dicembre circolava. Inoltre comunicando i dati con circa 7 o 8 giorni di ritardo sulla realtà, si hanno sfasature rispetto all’attesa di risultato di alcune misure.
Il secondo fattore prende in considerazione la falsa percezione di un focolaio italiano, in seguito all’innalzamento del livello di attenzione mediatica sul «caso italiano». Ulteriore aspetto analizzato nello studio è l’accelerazione del contagio all’interno dei contesti ospedalieri, da cui è emerso il ruolo fondamentale giocato da un’errata gestione dei casi nelle RSA assieme alla mancanza di un filtro pre-ospedaliero. Altro fattore di distorsione è rappresentato dall’attribuzione dei decessi al Covid-19, quando invece non tutti i casi registrati sono dovuti al virus ma si tratta piuttosto di compresenza, di patologie causate dal virus, se non addirittura di patologie diverse. Infine lo studio pone l’attenzione sull’impatto mediatico che ha accentuato il carattere imprevedibile del virus alimentando così una rappresentazione sensazionalistica della pandemia nella popolazione.
La ricerca compie un’analisi di uno studio (Impact of non-pharmaceutical interventions to reduce covid-19 mortality and healthcare demand) considerato fondamentale da molti governi per adeguare le disposizioni e considerare l’interruzione o allentamento delle misure di contrasto. Eppure vengono riconosciute 2 mancanze: la prima riguarda il fatto che il paper assume una continua diffusione del virus, quando insi hanno precedenti coronavirus scomparsi per natura; secondo, il modello si riferisce ad un R₀ superiore a 2, mentre per l’Italia il R₀ di riferimento è 1. Questo paper ha generato la credenza diffusa che il destino della pandemia sia legato alla persistenza delle misure del distanziamento sociale, fino al vaccino.
Nello specifico del caso italiano è l’organizzazione pubblica ad avere giocato un ruolo fondamentale nell’esasperare la potenza del virus. Da diverse inchieste sono infatti emerse numerose lacune come l’inadeguatezza delle strutture ospedaliere nell’isolamento dei pazienti, inappropriatezza e/o carenza delle misure preventive del personale sanitario, disorientamento nella gestione dei casi nella RSA, ma anche una limitatezza del filtro degli infetti negli ospedali ed infine l’ inadeguatezza negli appalti e nel reperimento di DPI. Lo studio giustifica gli errori pervenuti data l’iniziale urgenza, ma tali problematiche persistono anche durante la seconda fase. Le immagini presentate sono relative alle gravi difficoltà del sistema sanitario nazionale e non sono indicative della fatalità del virus per se. In merito al tasso di mortalità del virus è da considerare poi, che per l’Italia, esso non ha rappresentato una riduzione dell’aspettativa di vita: la maggior parte dei decessi riguarda il sesso maschile, con una media d’età di 80 anni; ma l’aspettativa di vita per gli uomini in Italia è di 80.8 (fonte ISTAT).
La sostenibilità del distanziamento sociale nel turismo
La ricerca inserisce un’interessante analisi sulla sostenibilità del distanziamento sociale in tutti i settori del turismo. Per i trasporti emergono come elementi di insostenibilità degli squilibri di mercato nella domanda-offerta, l’insostenibilità del modello low-cost nei bus-operator, nonché l’incremento dell’ uso della propria auto con impatti sull’ambiente e la mobilità. Per il settore alberghiero e F&B la ricerca inserisce come fattori la riduzione della marginalità e dell’appeal dei format, inoltre la commoditization totale dei servizi offerti. Per quanto riguarda invece i lidi e i servizi outdoor il maggior fattore d’insostenibilità interessa la riduzione dell’appeal del format di divertimento organizzato, puntando invece verso forme libere di divertimento, prive di regolamentazione. La pratica del distanziamento sociale è insostenibile poi per gli eventi che rischiano il collasso a causa della drastica riduzione della domanda; c’è poi da considerare che verrebbe a mancare quella natura aggregativa fondamentale negli eventi sportivi, nonché un aumento delle tariffe nel settore. Sebbene l’INAIL abbia fornito alcune linee guida per la riapertura degli esercizi turistici esse fanno dubitare circa la reale comprensione delle singolarità e peculiarità del settore e dei razionali di operatività di questa industria. Mentre per settore come l’automotive o l’agricoltura, l’imporre una distanza sociale non comporta alcun significativo impatto sulla catena del valore, per l’industria turistica significa perdere il senso stesso dei servizi offerti, dell’esperienza che si cerca e quindi la domanda per tali servizi.
Alla luce di quanto emerso dall’analisi, lo studio vuole ribadire che il governo deve seguire due assolute priorità: preservare l’incolumità della popolazione effettivamente a rischio di vita (anziani, persone in età avanzata con patologie gravi pregresse); sostenere l’economia del turismo con azioni proattive ed evitare di ostacolarla (attraverso azioni inadeguate e/o inopportune perché non ottimali).
La ripresa di eventuali limitati focolai di infezione dovrà essere arginata con interventi locali, specifici, pianificati per tempo ed efficaci. Per prepararsi all’evenienza della mancanza di diffusione del virus, la quale comporterà la messa in piedi di un completo sistema di «TTT», la cancellazione delle misure di distanziamento sociale, la rimozione dell’imposizione delle mascherine nel settore del turismo e per i fruitori di servizi turistici ed infine l’adozione di un protocollo di cura (seguendo a livello internazionale).
Lo studio sottolinea che il distanziamento sociale è una misura necessaria e utile alla riduzione del picco dell’epidemia, ma non è una forma di gestione volta all’ eliminazione del virus. Per molti studiosi il virus scomparirà in natura o per mezzo di un vaccino, e la pratica del distanziamento sociale diventerebbe inutile nonché dannosa. Guardando agli scenari proposti nella ricerca, in caso di scomparsa del virus (80%) ed adozione di un modello di «TTT» (60%) molti investimenti che gli operatori stanno oggi programmando avrebbero poco senso.
Sintesi della Ricerca a cura di Elisa Fop
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